Anche a Nocera, come in tutti i paesi del mondo, si è sempre festeggiato il Carnevale.
Come ciò avveniva negli Anni “50-60, lo estrapoliamo da “La mia Calabria” di Michele Manfredi - Gigliotti.
“Ogni ruga organizzava una piccola compagnia di giovanotti i quali, almeno un mese prima del giorno fatidico dell’esibizione, si riunivano ogni sera da qualche parte, a casa di uno di loro e qui preparavano i costumi e la recita. I costumi erano assemblati in modo volutamente orribile, mirando per lo più a rendere irriconoscibile chi li indossava. Molta cura, al contrario, veniva dedicata al testo. I testi erano poetici, a rima baciata, in modo da ottenere una certa qual piacevole cadenza.
Essi prendevano di mira alcune persone del paese ma anche alcuni personaggi, esponendo, in modo ironico, particolari dai quali essi potessero essere individuati facilmente. Trattavano di episodi eclatanti avvenuti durante l’anno, oppure di questioni di corna che erano quelle che si rivelavano le più appetibili da parte del pubblico e suscitavano immediati consensi. La squadra usciva dalla casa in cui si era preparata e si accingeva a fare il giro del paese, sostando con cadenza metodica ogni due-trecento metri. Un rullo di tamburo annunziava l’inizio della recita, con la squadra disposta a cerchio e il pubblico tutt’intorno. Ogni attore aveva una persona o un personaggio messo alla berlina.
Non sono riuscito a raccogliere i testi poetici che erano dei veri e propri capolavori di rima ed ironia. Questo perché essi non venivano scritti ma, una volta composti con il concorso di tutta la compagnia, venivano ritenuti a memoria. Passata la festa, si cominciava a pensare all’anno successivo. Solo successivamente, a distanza di tanto tempo, ho individuato la provenienza storica di tali rappresentazioni. Qualcosa di molto simile avveniva in alcune improvvisazioni orali caratterizzate da motteggi e comicità, nelle comunità rurali della Campania, in particolare nella zona di Atella, città di cultura osca, con i versi atellani e, ancora, dell’alto Lazio, ai confini con l’Etruria : i fescennini versus, così detti o perché provenienti dalla città etrusca di Fescennia, oppure da fascinum, malocchio, termine, quest’ultimo, rimasto tuttora intatto nel dialetto del mio paese. Tali versi rustici e improvvisati, dotati di una originale mordacità tutta latina, italum acetum la denominava Orazio, sono i veri progenitori di quel genere letterario e teatrale che prenderà, poi, il nome di satira.
Il fascino, è proprio il caso di dire, di queste composizioni, assolutamente ritmate, senza alcuna elaborazione, ma al contrario, di una freschezza immediatamente percepibile, è notevole e avvincente. Il rammarico è che di tale produzione popolare non resterà, purtroppo, traccia per l’avvenire e, una volta smessa anche la rappresentazione recitata, non si avrà memoria neanche di essa.
Si tratta di un verseggiare estemporaneo e immediato che ha il suo fulcro in uno o più avvenimenti eclatanti accaduti in paese dei quali si esaltano i lati comici con una ironia pungente e sarcastica.
Secondo l’ interpretazione data da Catullo, tramite questa forma di pubblica diffamazione, si perseguiva una sorta di giustizia popolare.
A mia memoria, non ho alcun ricordo di strascichi giudiziari a causa di qualche motteggio a volte un po’ più pesante degli altri. Il massimo della sanzione che veniva comminata a carico dell’istrione motteggiatore all’indomani della pubblica recitazione, era che gli si toglieva il saluto, a lui e alla sua famiglia, il che è quanto dire in un paese dove tutti si salutano e tutti rispondono al saluto, quando si salutano e quando rispondono. In genere, però, l’ embargo sui rapporti interpersonali durava poco, il tempo necessario per dimenticare o per ritrovarsi in compagnia dinanzi ad un mezzo litro di vino non battezzato”.
C’è da dire, però, che nello stesso periodo, il Carnevale iniziava a essere festeggiato, dalle famiglie più progredite, anche in maniera più moderna, ossia con vestitini preconfezionati per i bambini, come in uso nelle città.

Tratto da "NOCERA TERINESE Storia e Storie" Vol. 4 - Dal Dopoguerra 1915-18 al duemila di Adriano Macchione (ed. Ma.Per.)