Nel 1638, si verificarono due terremoti, a distanza di poco meno di due mesi l’uno dall’altro.
Si verificarono il 3 febbraio e il 27 marzo 1638, Sabato delle Palme. Quest’ultimo falcidiò la Calabria con 9.581 morti e la sconvolse dal punto di vista oro e idrografico, con il crollo di montagne e la neoformazione di laghi.
La catastrofica sequenza sismica cominciata a febbraio durò fino al giugno del 1638, principalmente nell’area compresa tra la Sila ed il Tirreno, si caratterizza per il susseguirsi di almeno tre eventi principali, con intensità massime che saranno superiori al XI grado della scala Mercalli, preceduti e seguiti da sismicità di minore energia. La scossa del 27 marzo, avviene di sera, di intensità del XI grado della scala Mercalli, con una magnitudo macrosismica stimata intorno a 6.8, l’epicentro fu il Lametino.
Questo terremoto del marzo 1638 distrusse completamente molti paesi della Calabria, tra i quali Sant’Eufemia e Martirano (rasa al suolo per la sesta volta), dove si contarono molte vittime. Sant’Eufemia ne contò 142 e Martirano 517.
Altri danni rilevanti li accusarono Nicastro, Feroleto, Sambiase, Castiglione, Aiello, Petramala, Altilia, Scigliano, Motta Santa Lucia, Conflenti.
Nicastro contò 1.200 morti con case, conventi e chiese quasi tutte cadute.
Feroleto contò 171 morti e le case quasi tutte distrutte.
Sambiase contò 767 morti e tutto il paese distrutto.
Castiglione contò 101 morti, molte case in rovina e le chiese distrutte.
Aiello contò 230 morti. Cadde la Chiesa di San Nicola, costruita nel XVI secolo.
Savuto 27 contò morti e le case quasi tutte distrutte.
Petramala contò 53 vittime, Altilia 654, Scigliano 596.
Motta Santa Lucia contò 532 morti e le case tutte distrutte.
Conflenti contò 55 morti e le case tutte distrutte.
Solo Gizzeria subì pochissimi danni e contò appena 5 morti.
Nel solo feudo dei D’Aquino le vittime furono dalle 3.500 alle 4.000.
Cesare d’Aquino, secondo Principe di Castiglione, morì a Nicastro sotto le macerie del Castello che era crollato. La figlia Giovanna, invece, riuscì a salvarsi nella Chiesa di San Francescodove si era recata per le celebrazioni del Sabato delle Palme.
A Decollatura, che ospitava per breve o lungo tempo coloni di Motta Santa Lucia che vi si recavano per lavorare nei campi, il vescovo Luca Cellesio di Martirano, rifugiato a Pedivigliano, offrì a questi coloni di risiedervi stabilmente in casette da lui fatte edificare.
Decollatura fu, così, Casale di Motta Santa Lucia e come tale fece parte della Contea di Martirano e quindi sottoposto sin dalla fondazione ai Principi d’Aquino di Castiglione. Il vescovo poi, vi fece edificare una chiesa e una residenza estiva per i vescovi.
A Nocera, rispetto ai centri vicini, i danni furono relativamente minori.
Secondo quanto riportato in “I terremoti nella Calabria; fedelissimamente descrittidal sign. Lutio D’Orsi di Belcastro”, stampato a Napoli nel 1640 dalla “Typis Roberti Molli”, morirono 15 uomini, 4 donne, 24 bambini e bambine, 1 chierico.
Le case diroccate, secondo quest’opera, furono 44.
In detta terra vi è qualche danno, e particolarmente nel monastero de’ PP. DiSan Francesco”, riportò D’Orsi.
In un“Cabreo” si legge:
...nel rione Motta alcune case precipitarono a valle, insieme alla roccia sulla quale erano edificate, mentre il palazzo della Commenda di Malta, in Piazza, fu raso al suolo”.
Riguardo al Palazzo della Commenda di Malta nella Piazza del Comune, alcune notizie emergono dall’opera del balì Michele Gattini (Gran Priore di Napoli e Sicilia) titolata “I priorati del Sovrano Militare Ordine di S. Giovanni di Gerusalemme nelle province meridionali”, stampata da I.T.E.A. in Napoli nel 1928.
Quest’ultima così riporta:
Il palazzo fu distrutto dal terremoto del 1638, rimanendo solo le fondamenta e l’atrio. Ricostruito parzialmente, nel 1705 fu adibito a carcere, ma trovato inadatto, i detenuti furono inviati in luoghi circonvicini”.
In piazza, oltre al Palazzo della Commenda di Malta, crollò anche il campanile della Chiesa di San Giovanni Battista. Ma iniziò immediatamente la costruzione del nuovo, che fu edificato davanti alla Cappella del Rosario.
A Sant'Eufemia crollò l'Abbazia nel 1638, seppellendo sotto le sue macerie la maggior parte dei frati, la statua di S. Giovanni Battista che era posta sulla porta della chiesa di Sant’Eufemia fu trasferita a Nocera. Ciò secondo una tradizione orale che è da ritenersi molto veritiera in quanto, ancora oggi, sulla facciata della Chiesa di San Giovanni Battista di Nocera rifulge una bellissima statua in marmo bianco del Santo.