Costruito sui resti di un antico fortilizio (un “castello” stante la denominazione ancora oggi della zona sottostante), nel 1581 i resti vennero donati dalla nobile famiglia Ventura, insieme a mille ducati d'oro per il suo restauro, la data dell’atto del Notar Plantedi di Cosenza risale con esattezza al 7 gennaio, così come risulta dalle documentazioni che furono poi conservate dalla famiglia Ventura e da quella custodita oggi in Roma presso l’Archivio della Curia Generalizia dei Padri Cappuccini.

Da quel 7 gennaio 1581, inoltre, il luogo dove esso sorgeva, fu chiamato appunto “Cappuccini” mentre l’originaria denominazione di “Castieddru” rimase per la zona sottostante.
Nel corso dei lavori furono asportati i pezzi diroccati del Castello, quindi furono scavate e ripristinate le fondamenta. Infine, dopo due anni di preparativi, nel 1583 presero il via i lavori di edificazione. E per l’ormai ex Castello iniziò un’altra lunga storia.
Tra i tanti, un frate che si distinse in questa prima fase della storia dei Cappuccini in Calabria, fu padre Domenico di Nocera.

Il convento, di grandi dimensioni, fu strutturato con un pianterreno e un primo superiore. Questa ricostruzione si può facilmente desumere da una veloce osservazione della struttura muraria ancora esistente, tra l’altro conforme, in generale, alla struttura tipica dei Conventi Cappuccini.
Oltrepassando l’ingresso principale posto a fianco del portone della chiesa, si presentava immediatamente il caratteristico chiostro, con al centro il pozzetto. Ai lati del chiostro, due corridoi, uno a destra che scorreva al fianco della chiesa e che permetteva sul fondo di accedere alla sacrestia e uno a sinistra per l’ingresso ai locali del pianoterra e provvisto di una scala per accedere al piano superiore.
I due corridoi laterali, sul fondo, in orizzontale, erano congiunti da un terzo corridoio, per permettere il transito durante l’inverno per recarsi in chiesa attraverso la sacrestia provenendo dal piano terra. Per recarsi in chiesa dal piano superiore, c’era una scaletta di servizio.
Al pianterreno c’erano la cantina, le dispense dei prodotti alimentari, la cucina, il refettorio e altri locali di servizio.
Al primo piano, invece, furono allocati i dormitori dei monaci (ogni frate aveva una celletta), una piccola cappella e una biblioteca fornita di molti volumi e dove, sotto la libreria, era stato ricavato un nascondiglio.
A lavori ultimati la nuova costruzione presentò una chiesa a una sola navata, con grande porta indipendente, che fu dedicata all’Assunta.

Nel 1600, su concessione del Generale dei Cappuccini, datata in Roma il 26-5-1618, fu costruita nella chiesa, sul lato destro, la cappella gentilizia della famiglia Ventura, dedicata a Sant’Antonio di Padova, con la tomba di famiglia.

C’era poi il coro dei monaci, l’altare maggiore in stile barocco, di fattura lignea e con un ciborio arricchito da intarsi di madreperla. Sovrastante all’altare maggiore fu costruita una nicchia destinata ad una bella statua dell’Assunta anch’essa in legno.
Alle spalle dell’altare, sorgeva la sagrestia, che comunicava con il chiostro. Questa, e si può vedere ancora oggi, presenta un doppio muro, creato in maniera evidente per avere un nascondiglio. Secondo alcuni ricordi, il doppio muro esiste da sempre, secondo altri risale invece all’epoca borbonica, quando fu costruito con lo scopo di dare rifugio a qualche perseguitato del governo.

Il Convento dei Cappuccini di Nocera, fu punto di passaggio o di soste temporanee. Era, generalmente, a numero fisso, secondo le regole canoniche e dell’ordine. Tale numero, però, poteva capitare che aumentasse o diminuisse a seconda della ricettività dell’edificio o a seconda del numero complessivo di religiosi della Provincia che, se scarso, sottraeva unità e se in esubero ne inviava oltre il numero fisso.  

In ogni caso, e soprattutto, il convento fu luogo di meditazione e di studio. Il significato religioso della sua esistenza non fu mai tradito. Viveva di elemosina e non fece mai mancare aiuti e sostegno per i poveri (tanti) del paese. E chi non aveva da mangiare, lì trovava ogni volta ristoro. Questa funzione e questa attività continuò per circa 380 anni, poco meno di quattro secoli.

In seguito al terremoto del 1783, anche il Convento di Nocera presentava notevoli danni, nel 1784, prima Ferdinando IV di Napoli e poi papa Pio VI decretarono l’abolizione di tutti i monasteri con meno di dodici individui.

Secondo quanto riportato da Ignazio Ventura, nel suo libro “Nocera Terinese, storia di una terra di Calabria”, la chiusura del Convento di Nocera giunse il 4 agosto 1809 per decreto di Gioacchino Murat, che ne ordinò la soppressione insieme “ad altri 213 monasteri del reame appartenenti ad ordini monastici possidenti”, così come si evince dagli Archivi della Chiesa di San Giovanni Battista. Gli ultimi frati andarono via l’8 settembre 1809.

Nel 1817 riaprì i battenti, con grande gioia della popolazione. Dopo sette anni dalla chiusura, la costruzione non aveva subito ulteriori deterioramenti.

Secondo quanto riportò Ignazio Ventura, il 17 febbraio 1861, su decreto di Eugenio, Principe di Carignano, luogotenente del re Vittorio Emanuele II, il convento fu nuovamente soppresso.

Il 26 novembre 1878 il convento è messo in vendita dal Demanio, da allora il convento divenne proprietà del Comune, che, come ormai tradizione secolare dell’edificio, ne continuò a fare un punto di grande solidarietà. Adattò alcuni locali, ne trasformò altri e ne ricavò un Ospizio di Mendicità, ricovero provvisorio per poveri sciancati senza un pasto e un tetto.  

Questa nuova attività durò per altri 33 anni, fino al 1911.

Durante la Prima Guerra Mondiale, il Convento ospitò un gruppo di profughi provenienti dal Veneto.

Nel 1935, a cura dell’Amministrazione Comunale, fu istituita a Nocera la Scuola di Avviamento Agrario, tale funzione durò una decina d’anni, fino al 1962.

Dopo la vendita degli oggetti sacri e dei banchi, al Convento dei Cappuccini non rimase più nulla, solo rovine e muri cadenti, a fine anni 70 ci fu un tentativo per una sua completa demolizione e ricostruzione per realizzare una casa di cura, fortemente osteggiata dalle opposizioni politiche. Poi, per tutti gli Anni 80, l’edificio restò abbandonato.

Negli anni novanta, dato le precarie condizioni delle strutture murarie furono effettuati operazioni di consolidamento.

Negli anni 2000 sono stati presentati i progetti per il recupero funzionale del convento.  

Un primo intervento per il recupero parziale è stato finanziato dalla Regione Calabria, dal Dipartimento 8 “urbanistica e Governo del territorio”, secondo il Bando  “Progetti Integrati per la qualificazione, recupero e valorizzazione dei Centri Storici della Calabria” di cui alla delibera CIPE 35/2005 – APQ “ Riserva aree urbane”, Delibera CIPE 3/2006 – APQ “Emergenza Urbane e Territoriali”, con l’importo lordo di 1.000.000,00 (vedasi convenzione Comune di Nocera Terinese con la Regione Calabria, del 12 maggio 2009). Con tale intervento si sono creati una sala polifunzionale e locali di servizio.

Un secondo intervento ha riguardato la parte destinata a museo è stato finanziato con fondi P.I.S.L. dal Progetto Integrato di Sviluppo Locale “Borghi di eccellenza” - Recupero e rifunzionalizzazione del Convento dei Padri Cappuccini e della viabilità connessa del percorso della flagellazione.

Dopo gli interventi di recupero il Convento è stato inaugurato il 21 aprile del 2017.

 

Le informazioni storiche sono tratte da "NOCERA TERINESE Storia e Storie" di Adriano Macchione (ed. Ma.Per.)

 

 

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