Il Piano di Tirena è stato abitato sin dalla comparsa dell’uomo. Tracce di uomini primitivi e poi dell’epoca preistorica, infatti, sono state rinvenute presso la zona detta Grotticelle, ai piedi di esso, sul lato del fiume Grande. Disseminati sui lati e sulla sommità del Piano sono emersi, inoltre, strumenti di pietra levigata, tra i quali, di una certa importanza, un pendente di forma piramidale e due martelletti litici (uno in roccia granitoide e uno in granito), dei quali nel 1927 scrisse il medico e storico di Palmi Domenico Topa in “Le civiltà primitive della Brettia”.
Sul sito, poi, dopo questi primordiali insediamenti, sorse un piccolo nucleo abitato, divenuto ai tempi dei Greci e dei Romani, una vera e propria città. Era la gloriosa Terina.
Esso è un sito di circa 30 ettari, sorgente in prossimità del mare, posto sull’attuale confine tra le province di Catanzaro e Cosenza, distante qualche chilometro dall’attuale Nocera, bagnato a nord dal fiume Savuto (proveniente dall’omonima valle) e a sud dal fiume Grande (proveniente dal territorio di Nocera).
Oggi i due fiumi, che hanno notevolmente diminuito la portata d’acqua, distano, ai rispettivi lati del Piano, circa seicento metri, poi, ai piedi dell’estremità ovest, confluiscono in un unico corso d’acqua, chiamato solo Savuto, che dopo poche centinaia di metri sfocia nel Tirreno. Ma un tempo, come vedremo, non era così.
Il Piano di Tirena è molto noto. Impossibile non vederlo. Lungo la discesa che dall’odierna Nocera conduce al mare, appare monumentale dopo pochi chilometri sulla destra del percorso, facendo ammirare il lato sud. Salendo dal mare verso il paese, lo stesso lato sud si erge all’improvviso sulla sinistra, dopo appena un chilometro dall’inizio della salita, quando si giunge al Girone della Brace, il bivio dal quale si diramano la vecchia strada per Campora San Giovanni e quella per Nocera paese.
Inoltre, è bene in vista dall’Autostrada per Cosenza, che ne lambisce il lato sud da vicino, fino a toccarlo nell’estremità est, detta Portavecchia.
Anche dal tratto di Superstrada che, a due passi dal mare, collega la Marina di Nocera e la vicina Campora San Giovanni, il Piano si staglia in maniera netta e si può ammirare nella sua completezza con un semplice spostamento in auto.
Il Piano, capace secondo alcuni studi di ospitare nei tempi antichi un centro di 2.000 - 3.000 persone, si può dire che si protende da ovest a est, risultando la parte più corta quella che va da sud verso nord.
Visto dall’alto, appare con una forma più o meno ellittica e quasi perfettamente pianeggiante, quando, in realtà, non mancano zone in leggera discesa. Dal lato sud, invece, trasmette l’immagine di un trapezio.
Osservandolo da entrambi i lati, se ne ha un’immagine quasi simile, apparendo come mozzato, un disegno abbastanza insolito, quest’ultimo, per pianori di questo tipo.
Ad est il Piano volge verso l’interno e verso Nocera paese, degradando a valle ma staccandosi completamente dalla collinetta che gli sta di fronte. Infatti, quasi sul fondo del pendio, è congiunta a questa mediante una breve sella, denominata da sempre Portavecchia, il cui punto d’accesso, nella parlata locale, è detto più precisamente Bocca di Portavecchia.
Un tempo il panorama offerto dal Piano di Tirena e dal Savuto e dal Grande si presentava in maniera ben diversa di oggi. Il Piano, infatti, era bagnato anche dal mare, che giungeva alle sue pendici, mischiandosi ai due fiumi e senza mostrare rispetto a essi un chiaro confine. Doveva trattarsi di uno spettacolo superbo.
Poi, a partire da poco oltre la metà del 1500, così come riporta Gabriele Barrio nel suo “De Antiquitate et situ Calabriae” pubblicato nel 1571, il mare iniziò a ritirarsi. D’allora, poco a poco, risaltò più chiaro il percorso dei due fiumi e la loro confluenza su un terreno ormai non più invaso dalle acque marine.
Il ritirarsi del mare ha dato vita all’attuale sottostante pianura, piccola e fertile, che, con linea perpendicolare, si sviluppa con un’estensione di qualche chilometro, dal torrente Torbido al Malvitano.
Durante i secoli passati e fino all’ultimo, questa striscia di terra non era molto abitata e contava poche case.
Poi, negli Anni “70, è nata l’attuale Marina di Nocera, estesa e popolata. E arricchita, inoltre, da un moderno villaggio turistico, la “Nuova Temesa”.
Il Piano di Tirena, nel dialetto di Nocera, è oggi denominato, in maniera molto semplice, “Chianu”.
Oltre a questa denominazione generica, ne esistono altre quattro, anch’esse molto in uso. Il sito, infatti, è detto anche “Chianu ‘e Tirena” o “Chianu ‘e Tirrena” (con una o due “r” e la “a” finale) o anche “Chianu ‘e Tirene” o “Chianu ‘e Tirrene” (con una o due “erre” e la “e” finale).
La traduzione, in italiano, comunque, è sempre e solo “Piano di Tirena”.
Si tratta, però, di una traduzione non corretta. Si dovrebbe dire, infatti, “Piano di Terina”, essendo “Tirena”, “Tirrena”, “Tirene” e “Tirrene”, non un’assonanza come si potrebbe credere con facilità, ma, in modo facilmente verificabile, di una forma ipocoristica in lingua dialettale del nome della città che sorgeva alla sua sommità, appunto Terina.
Purtroppo, anche sul nome del Piano se ne sono scritte di tutti i generi. C’è perfino chi, ai giorni nostri, ha riportato che il Piano è stato chiamato“di Tirena” solo in tempi recenti e che, inoltre, è così denominato solo nei ceti colti mentre in ceti rurali esso è chiamato solamente “ ‘U Chianu” o “ ‘U Chianu di Ventura” dal nome della famiglia che ne è proprietaria. Ma così non è. Già nel 1886, infatti, l’illustre storico catanzarese Domenico Marincola Pistoja in “Di Terina e di Lao” definisce il Piano “di Tirene o Tirina”. Questa citazione, da sola, basta per dimostrare che la denominazione non è recente ma ha radici antiche.
In tempi passati e moderni, inoltre, il Piano è stato chiamato in vari altri modi. Tutti, però, ancora una volta smentiscono che il suo nome sia di origine recente.
L’archeologo Paolo Orsi nei suoi scritti del 1914 – 15 e del 1916, successivi alla sua venuta a Nocera Terinese del 1914, lo chiamò “Piano della Tirena”.
Domenico Topa, medico e storico di Palmi Calabro, nel 1927, lo chiamò “Piano della Tirrena” (con due “erre” rispetto all’Orsi).
Emanuele Ciaceri dissertò sui termini Tirene o Tirina, denominandolo “Piano di Tirina”.
Tra le varie denominazioni, a volte, ne sono sortite alcune del tutto inventate, senza nessuna corrispondenza a definizioni reali. Citiamo tra tutte quella di Pian della Tirena, usata di recente da alcuni studiosi. Ma che non esiste assolutamente nella tradizione orale dei noceresi.
Tratto da "NOCERA TERINESE Storia e Storie" Vol. 1 - Dalle origini a tutto il 1400 di Adriano Macchione (Ma.Per. Editrice)