TEDESCHI, AMERICANI, E INGLESI DI PASSAGGIO A NOCERA

 

Durante la guerra, passarono per il ponte di Savuto e sul Grande le truppe tedesche, prima nella fase di discesa e poi in quella di ritirata. Durante questo secondo periodo, immediatamente dopo passarono per gli stessi ponti la V Armata americana e l’VIII inglese. Queste avevano conquistato i tre centri del lametino tra il 12 e il 13 settembre.
Si rammenta che gli americani e gli inglesi usarono parole di apprezzamento per la resistenza dei ponti all’enorme peso dei mezzi corazzati.
Durante il passaggio degli Americani una donna nocerese, che aveva dato alla luce da poco un figlio e che altri figli già aveva, vendette a un Ufficiale americano il pargoletto. Per soldi, certo, ma anche perché, probabilmente, non avrebbe mai potuto badare al suo sostentamento.
Le truppe tedesche in ritirata passarono anche per Nocera paese. Per creare ostacoli all’arrivo degli Americani, fecero saltare con le mine il ponte di ferro che era sul fiume Grande, lungo la strada per San Mango.
Il ponte, molto bello, era stato costruito nel 1886, con una robusta struttura in ferro costituita da elementi assemblati con una serie di bulloni di dimensioni davvero notevoli.
A Nocera ne andavano fieri, anche perchè nelle vicinanze non c’era nulla di simile.
Poi, il 9 settembre 1943, tre o quattro giorni prima dell’arrivo degli Inglesi e degli Americani, giunse l’incredibile fine di un’opera così superba.vecchio ponte fiume grandeQuando fu fatta brillare la carica esplosiva, il boato fu talmente forte che infranse i vetri di molte case. Rottami del ponte si sparsero tutt’intorno per decine e decine di metri. Alcuni giunsero addirittura nei pressi di Via Canale. Per molti giorni i noceresi si misero, nella zona sul fiume Grande, alla ricerca di rottami del ponte.
Ne raccolsero a più non posso, per poi rivenderli al ferrovecchiaio.
Il ponte fu poi ricostruito in cemento nel 1950.
Dei Tedeschi, oltre al raccapriccio per la loro nomea, rimase nella memoria un aneddoto. Viste le molte piante di fichi d’India disseminate in abbondanza sul cammino, continuavano a raccoglierne i frutti con le mani nude, ovviamente pungendosi, senza riuscire a partorire un metodo più intelligente per consumare quei frutti.
Con l’arrivo degli Americani a Nocera, anche qui le scene furono simili a quelle ormai presenti in una larga letteratura.
Barrette di cioccolato farcite con una crema bianca, la sorpresa delle gomme da masticare (la “chewing”, in dialetto, divenne “gigomma”), sigarette di marca Lucky Strike, carne in scatola (un’altra sorpresa), caffè sottovuoto in barattoli (quando ancora in paese si usava quello fatto di orzo o, addirittura, con foglie essiccate di cicoria).
Non mancò chi ripeteva qualche parola in inglese, naturalmente storpiandola vistosamente. Molto ilare il noto “cazzorrait”, deformazione di “that’s all rigth”.
A guerra finita, poi, cominciarono a circolare a Nocera una serie di autovetture militari americane, le ben note “Willis Jeep” o, più semplicemente, “Jeep”.
Riconoscerle era alquanto facile: il colore era grigio verde e sul cofano riportavano la caratteristica grande stella bianca iscritta in una circonferenza. Se ne veniva in possesso, a Nocera come altrove, con metodi molto semplici, recuperandone qua e là qualcuna abbandonata perché in avaria o, in altri casi, pagandole direttamente a soldati americani corruttibili, generalmente figli di italiani emigrati in America.
Impossessatisi della macchina, si procedeva poi alla sua rimessa in moto e a cancellare stella e quant’altro potesse ricordarne la provenienza.
Negli anni seguenti, queste “Jeep” furono regolarizzate grazie alla dimostrazione della proprietà di fatto. Furono così munite di una targa italiana e poterono circolare senza problemi.

 

 

NOCERESI CHE NON TORNARONO DALLA GUERRA

 

Non furono solo giorni euforia, quelli della Liberazione. Dal fronte, infatti, qualcuno dei noceresi partiti per servire la patria non tornò più. Suscitò molta emozione, in paese, la morte di Carmine Spizzirri, sposato e con figli. Abitava in Via San Francesco e faceva il falegname. Morì da eroe sul fronte greco crivellato da centinaia di colpi di mitragliatore mentre guidava la sua squadra di giovani militi. Fu decorato con la medaglia d’argento al valore militare e alla memoria. La famiglia, dopo le onorificenze di rito, cadde però in una situazione economicamente tragica, con la moglie che si vide costretta ad arrangiarsi con lavoretti di ogni genere. La pensione che gli corrispose lo Stato, infatti, fu talmente esigua che con essa non si soddisfacevano neanche i bisogni giornalieri.
Un’altra giovane vittima la cui fine fece molta impressione fu Saverio Bruni, fratello del futuro maestro elementare Vincenzo e figlio della “zà Sabeddra” (della quale, in seguito, proporremo un ritrattino scritto da Michele Manfredi – Gigliotti). Saverio Bruni fu trucidato durante la Resistenza nella cosiddetta “Strage di Biagioni”, quest’ultimo un piccolo borgo (oggi con soli 23 residenti) nel comune di Granaglione, in provincia di Bologna, nell'alta valle del Reno, posto sulla sponda sinistra del fiume, al confine con la Toscana (la sponda destra, infatti, è parte di quest’ultima regione), nei pressi dell’amara Marzabotto.
Il suo territorio è percorso dalla ferrovia che congiunge Bologna con Pistoia.
Quest’ultima, durante la Seconda Guerra Mondiale, divenne una linea di  comunicazione di grande importanza per l'esercito tedesco impegnato nella costruzione della linea Gotica.
A Biagioni, nell'estate del 1944, fu inviato un contingente di SS composto da italiani e tedeschi per catturare i renitenti alla leva, per controllare il traffico sulla linea ferroviaria, assicurarsi il passaggio di uomini e mezzi destinati al fronte e alle opere di fortificazione e per contrastare l'attività partigiana, che avrebbe potuto minacciare la stessa ferrovia, ritenuta, come detto, un'importante linea di comunicazione della zona.
Il 4 luglio 1944, durante un’operazione di rastrellamento contro alcuni giovani che vivevano nascosti, fu uccisa, probabilmente a opera di un suo stesso commilitone, una SS italiana.
ammiraglio sirianniIl contingente pensò (o fece finta di pensare, per ovvi motivi) che fosse stato qualcuno della schiera nemica e così, per vendetta, entrata in Biagioni, catturò e uccise nove uomini del paese, completamente estranei al fatto. Di questi, due erano dei giovani ragazzi, che finirono impiccati. Gli altri furono fucilati. Uno dei due impiccati fu appunto il nocerese Saverio Bruni, ritenuto un disertore quando, invece, si trovava a Biagioni perché dispersosi e in attesa di poter rientrare nei ranghi. Dopo avere avuto notizie delle rappresaglie, alla vista dei tedeschi, il giovane Bruni, ospite di una famiglia, fu nascosto in un forno ma, purtroppo, fu scoperto. Per lui non ci fu scampo. L’ultimo pensiero, prima dell’impiccagione, fu per la mamma.
La popolazione lasciò terrorizzata le abitazioni e si rifugiò nelle case più alte della montagna. Sulla vicenda, poi, scese il silenzio.
Il fatto, però, per come andò e per la crudezza delle esecuzioni, ha sempre suscitato grandi e atroci interrogativi. Tutti si sono sempre chiesti il perché delle impiccagioni, quando, invece, in altri fatti analoghi mai si era ricorso a questo tipo di esecuzione.
A Biagioni per ricordare quanto accaduto fu eretto un monumento.
Un altro eroe di origine nocerese che morì durante la Seconda Guerra Mondiale fu Giuseppe Sirianni. Il nonno, emigrato, era stato sarto alla Corte del Re. Così anche suo figlio che aveva sposato una donna ligure e dai quali nacque Giuseppe.
Questi divenne un famoso Ammiraglio della Real Marina Militare e, in seguito, anche Ministro della Marina.
Fra le sue imprese militari di Giuseppe Sirianni risalta quella di avere violato con alcuni mezzi d’assalto lo Stretto dei Dardanelli presidiato dai Turchi.
A Nocera gli fu intitolata la lunga strada prima chiamata Via Canale. Quest’ultimo nome, però, era ben radicato nella memoria popolare e non fu mai soppiantato dal nuovo.

 

CADUTI GUERRA 1940-45

  • Spizzirri Carmine, medaglia di argento
    Pifano Saverio, medaglia di bronzo
    Sirianni Giuseppe, Cap. Magg. medaglia di bronzo
    Niccoli Alfredo, Ten. Col.
    Colonnese Francesco, Ten.
    Bruni Saverio
    Castello Natale
    Cavalieri Ulderico
    Celestino Eugenio
    Cembalo Ernesto
    Chieffa Fedele
    Costanzo Eduardo
    Curcio Antonio
    Curcio Cesare
    Curcio Francesco
    Curcio Salvatore
    Ferlaino Fedele
    Gallo Pietro
    Grandinetti Antonio
    Isabella Eugenio
    Macchione Alessandro
    Macchione Gregorio
    Mancini Alfredo
    Marasco Felice
    Mastroianni Annunziato
    Mastroianni Gregorio
    Mastroianni Domenico
    Mendicino Gaspare
    Mendicino Pasquale
    Michienzi Giuseppe
    Motta Carmine
    Motta Eugenio
    Motta Francesco
    Pronesti Giuseppe
    Rizzuto Emilio
    Rocchino Lorenzo
    Rocchino Michele
    Santangelo Vincenzo
    Trunzo Giovanni
    Trunzo Rosario
    Valentino Saverio
    Vaccaro Rosario
    Vennere Peppino

Caduto nella Guerra d’Etiopia

  • Valentino Lorenzo

Tratto da "NOCERA TERINESE Storia e Storie" Vol. 4 - Dal dopoguerra 1915-18 al Duemila di Adriano Macchione (Ma.Per. Editrice)

 


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