Ricordiamo l'opera di Enza Graziano su Francesco Acerbo, testimone autentico di Terina sul Piano.

Francesco Acerbo, nato in Calabria nel primo decennio del 1600, appartenente ad un’agiata famiglia, a meno di 18 anni entrò nella Compagnia di Gesù, abbracciò la carriera ecclesiastica, fu padre Gesuita e poeta e morì a Napoli il 7 marzo 1690. Di lui, i biografi indicano varie date di nascite e, purtroppo, anche vari luoghi che videro i suoi natali. Sin dal 1600, fu indicata Nuceria in Calabria (ossia l’attuale Nocera Terinese). Poi, si scrisse che era originario di Nicastro o di Tropea, e, ancora, di Nocera dei Pagani o di Nocera Umbra. Come per la storia di Terina, Nucria e Temesa, ci si ritrova davanti ad un vero festival degli errori. Ai quali, però, oggi è stata posta la giusta correzione, grazie a ciò che andiamo a raccontare.

Tutto iniziò nel lontano 1977, con un input di Ernesto Pontieri, uomo di grande cultura e scrittore di vari libri di storia. Diamo qui un breve quadro della sua figura. Nato (nel 1896) e cresciuto a Nocera Terinese, per continuare gli studi si trasferì a Napoli, dove si laureò. Sin dal 1932, presso la stessa Università di Napoli, fu professore di Storia medievale e moderna e poi, per nove anni, Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia e per altri nove Magnifico Rettore. In seguito, fu anche Magnifico Rettore dell’Università di L’Aquila. Inoltre, Pontieri, tra le altre e alte cariche in ambiti culturali, fu anche presidente della Società Napoletana di Storia patria, dove subentrò nella carica a Benedetto Croce. L’esimio professore, nonostante la lontananza, non recise mai il cordone ombelicale che lo legava al suo paese. Nel 1981, un anno dopo la sua morte, la comunità gli dedicò un momento.

Ma torniamo a quel lontano 1977. Pontieri spedì all’Amm. Comunale di Nocera Terinese (Sindaco Pulice e Vice Sindaco Graziano) un biglietto con il quale la pregava di intitolare in paese una strada al poeta, in quanto nativo di Nocera Terinese e personaggio di grande pregio, da valorizzare e studiare. Pontieri riportò, inoltre, che di Francesco Acerbo, in precedenza, si era già interessato Federico Procopio, professore di Latino e Greco al Liceo Classico “Galluppi” di Catanzaro, in contatto con lo stesso Pontieri e che un anno prima, nel 1976, aveva pubblicato un libro sulla vita e le opere del poeta.

La strada intitolata all’Acerbo, dopo le sollecitazioni del Pontieri, arrivò puntuale, e fu l’ex Via Roma.

A distanza di molti anni, il biglietto inviato dal Pontieri e finito casualmente in un libro, fu ritrovato da Enza Graziano, docente di Lettere presso il Liceo Classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme, nocerese e figlia dell’allora Vice Sindaco. Per lei, come poi scrisse, fu quello il primo incontro ideale con Acerbo. E non fu un incontro da poco, considerato il suo grande amore per le lettere, la sua sensibilità e la sua mai inappagata curiosità culturale. Da lì, infatti, nacque una prima idea di portare avanti uno studio approfondito sul poeta.

In seguito, la Graziano, di nuovo casualmente come ancora una volta lei stessa precisò, nel corso di un convegno internazionale di studi su Cassiodoro tenutosi a Squillace, incontrò Carmelo Capizzi, gesuita, docente all’Università Cattolica di Roma, dal quale ebbe un’ulteriore spinta ad avviare una ricerca sistematica su Francesco Acerbo. E la ricercò iniziò. Culminando, nel settembre 1997 e dopo un lavoro durato due anni, nella pubblicazione del libro “De natali Auctoris Calabriae solo” (dal titolo di un’opera dello stesso Acerbo), un’encomiabile operazione culturale condotta insieme ai suoi alunni del Liceo Classico “Francesco Fiorentino” di Lamezia Terme (dove, come abbiamo detto, la Graziano insegnava) e per conto dello stesso istituto.

L’opera della Graziano e dei suoi allievi consta di ben 204 pagine e in essa, oltre ad essere riportate e tradotte tutte le opere dell’Acerbo, quasi la metà sono dedicate alla biografia, al pensiero e alla personalità del poeta nocerese. Il quadro che ne viene fuori è quello di un uomo di grande sapienza, che dedicò molto tempo agli studi e che conobbe molti uomini dello stesso spessore culturale.

Enza Graziano, per prima cosa, dimostrò con prove certe che Francesco Acerbo era nato a Nocera Terinese, tra il 1606 e 1608, trovando conforto anche tra i primi biografi dell’Acerbo, il Southwell (Southvellus Nathanael, Sotuello dal latino) che ne scrisse in “Biblioteca Scriptorum Societatis Iesu”, pag. 207 e 208, pubblicato in Roma nel 1676, Tommaso Aceti che ne scrisse nel 700 e il Sommergovel, che ne scrisse in “Bibliothèque de la Compagnie de Jèsus”, coll. 28 – 29, pubblicato in Bruxelles nel 1891.

Da notare un particolare molto importante: il Southwell scrisse di Acerbo nel 1676, quando il Gesuita era ancora in vita e la sua fama era giunta anche a Roma.

Fin qui tutto chiaro, poi, come successo per la storia di Terina, Nucria e Temesa, gli studiosi dell’800 e dell’ultimo secolo, iniziarono a creare una grande confusione, indicando come località natale dell’Acerbo Nicastro e Tropea, e poi addirittura Nocera dei Pagani e Nocera Umbra, tesi senza alcuna dimostrabilità.

Purtroppo, anche il Pontieri, nel biglietto scritto a mano in cui chiedeva l’intitolazione all’Acerbo di una strada a Nocera Terinese, commise un errore, prima indicando come data di nascita il 1609 e subito dopo collocando il poeta tra quelli del XVI secolo. Tra l’altro, sul biglietto, le cifre non sono molto chiare, tanto che l’anno di nascita si potrebbe leggere come 1639 o addirittura come 1539, data che si relaziona con il successivo accenno al XVI secolo.

Fatto sta che, sulla scorta del biglietto del Pontieri, quando all’Acerbo in paese fu intitolata la strada, sulla targa fu apposta la scritta “F. Acerbi umanista del secolo XVI”, dove, oltre a sbagliare il secolo, fu sbagliata perfino la lettera finale del cognome.

Infine, un’ulteriore prova che Acerbo era nato a Nuceria di Calabria, nel 1607 o 1608, giunse con una lettera del 16 gennaio 1997 di padre Joseph De Cock, direttore dell’Archivum Romanum S. I., che, su richiesta dell’instancabile Graziano, controllò di persona quei dati.

In definitiva, sulla data e sul luogo di nascita dell’Acerbo, oggi, grazie allo studio di Enza Graziano, non ci sono più dubbi, anche perché, dalla traduzione e dall’analisi delle sue opere, traspaiono in maniere palese anche da alcuni versi dello stesso poeta.

La ricerca di Enza Graziano, inoltre, si è interessata anche alla storia della famiglia Acerbo, estintasi nella prima metà del XVIII secolo.

Essa è attestata in Nocera nei registri di battesimo, dei matrimoni e delle sepolture degli anni 1588 (i più antichi esistenti) e 1631 – 1663, tutti consultati dalla Graziano, grazie alla collaborazione del compianto parroco Don Alfredo Ferlaino, altro personaggio di grande cultura.

Inoltre, la famiglia Acerbo, è attestata in Nucera in un prezioso manoscritto del 1624, il “Cabreo” del Baliaggio di Sant’Eufemia del Sovrano Ordine di Malta, conservato a Malta nella Royal Library. Il “Cabreo”, come detto, è un registro catastale e vi sono riportati i proprietari in quei tempi di beni di vario genere. Gli Acerbo risultavano proprietari nell’attuale Nocera di una proprietà fondiaria detta “le cerze della Cappella”, la cappella di Santa Maria del Carmine, una “possessione loco detto Dragone con celzi e terre” e “alla Vota, possessione con cerze”.

La Cappella in questione, in origine, era detta Chiesetta della Vergine del Carmelo e sarebbe dovuta sorgere nella contrada “Vurghe” o Borghi, nei pressi della più conosciuta Contrada Cona, a sinistra del fiume Grande, al di sotto la strada che oggi sale e scende da Nocera, di fronte al Piano di Tirena. In seguito, la Cappella fu ricostruita in un luogo situato un po’ più in alto di quello descritto ma non molto lontano e dedicata a Santa Maria del Carmine, diventando quella poi descritta nel “Cabreo” del 1656 e da padre Giovanni Fiore. Questi, come già detto in uno dei capitoli precedenti, in “Della Calabria Illustrata“ riportò che alla fine del XVI secolo, sulla volta della piccola chiesa, si vedevano ancora resti delle pitture greche e delle immagini dei santi. Di questa chiesa, ancora oggi, al di sotto della strada che porta a Nocera, di fronte al Piano di Tirena, esistono i ruderi.

E, a proposito del nome “Vurghe” (che in italiano significa “Borghi”), questo pare ricordare i fabbricati che sorsero di fronte al Piano e lungo il percorso che portava a Nucria dopo la distruzione di Terina, a conferma dell'esodo dei Terinei superstiti.

Ritornando agli Acerbo, una nuova notizia di una loro proprietà si può riscontrare in un altro importante documento che si conserva a Nocera Terinese, la platea del Baliaggio di Sant’Eufemia, un “Cabreo” risalente al 1656.

Ancora una volta figurano nomi e possedimenti della famiglia ma quello che più c’interessa è che nel foglio 193 risulta la vendita da parte degli Acerbo di una proprietà confinante con il Piano di Tirena.

Detto questo, facciamo una prima puntualizzazione: Francesco Acerbo, nativo di Nocera, apparteneva ad una famiglia che aveva possedimenti nei pressi del Piano di Tirena. Visti i suoi molteplici interessi e visto soprattutto l’interesse per la storia della sua regione (della quale scrisse), è da ritenere come certo un suo approfondimento sulla storia del Piano. Considerata la sua cultura e la sua onestà intellettuale, non c’è dubbio che quello che pensò e che scrisse fosse senza dubbio frutto di riflessioni sincere ed approfondite.

Ma veniamo alle opere principali dell’Acerbo. Esse sono tre:

“Aegro corpori a Musa solarium” (“Il conforto della Musa al corpo malato), 1666.

“Polypodium Apollineum” (“Il polimetro di Apollo”), 1674

“Dei parae virgini rosarum areolae” (“Corone di rose per la Vergina divina”), 1680.

Oltre a queste, tra le opere ritenute minori, l’Acerbo ha lasciato il “De natali Auctoris Calabriae solo”, un carme in latino di 462 versi in esametri, che è poi quello che ci interessa.

L’Acerbo, che in verità pare molto influenzato dal Barrio, passa in rassegna le bellezze della Calabria, con uno sguardo alla sua storia passata. Si tratta di un componimento poetico e non storico, dove emerge più che altro il personale sentimento d’amore verso la terra natia.

Quest’opera, fino ai nostri tempi rimasta quasi sconosciuta, nel 1996 fu reperita da Enza Graziano presso la Biblioteca Comunale Filippo De Nobili di Catanzaro e nella Biblioteca Nazionale di Roma. La professoressa la tradusse e la commentò, coinvolgendo nel lavoro i suoi alunni, per poi pubblicare la traduzione e farne un’asse portante del libro, edito nel settembre 1997, al quale fu dato, come detto, lo stesso titolo dell’opera di Acerbo,“De natali Auctoris Calabriae solo”.

Nelle 204 pagine dell’opera della Graziano e dei suoi alunni, ribadiamo che, oltre ad essere riportate e tradotte tutte le opere di Francesco Acerbo, quasi la metà sono dedicate alla vita, al pensiero e alla personalità del poeta. Le risultanze, molto importanti al fine delle nostre deduzioni su Terina, sono quelle di un uomo di grande spessore culturale, di ampi studi e dalle molte conoscenze nel mondo intellettuale dei suoi tempi.

Scrive Federico Procopio nel 1976 nel capitolo “Per la lettura delle opere latine di P. Francesco Acerbo S. J.” contenuto in “Civiltà di Calabria”, opera di 550 pagine a cura del sommo Augusto Placanica:

“Nel “De natali auctoris Calabriae solo”, l'Acerbo presenta una bellissima descrizione della regione. Non credo ne esista nella letteratura una più viva e più sofferta, più tenera e commossa. Altri pregi scoprirà il lettore, specialmente se nato e vissuto in questa terra di Calabria che conserva sempre il fascino celebrato dal poeta. Ma il poemetto non contiene solo poetiche descrizioni di boschi, di luoghi ameni, di città cariche di storia, vi è la celebrazione dell'operosità ingegnosa della gente calabrese, quasi una storia dell'economia della regione. Nessun calabrese dovrebbe ignorare questo carme dell'Acerbo... nelle antologie destinate agli alunni delle Scuole, si faccia posto a fiori come questo. Ma se ne occupi la stampa regionale e nazionale e quanti hanno a cuore la cultura ed il progresso di questa nobilissima terra!”

Per quanto riguarda gli argomenti trattati nella nostra opera, troviamo i seguenti riferimenti all’Ocinaro, là dove si parla dei fiumi, e a Terina, là dove si parla delle città (la traduzione è di Enza Graziano e dei suoi alunni):

“E’ trascinato dalla gonfia corrente l’Ocinaro precipitoso, dove un tempo si aprivano le mura della tua grande Terina: l’onda di cui nessuna sarà più pescosa, risuona di una fitta schiera.

Ha occupato le acque del fiume. La canna da pesca si addensa sotto la corrente ondivaga per fermare il passo al pesce, che rendendo addormentato e stordito con abbondantissima foglia tritata, il tasso fa morire con lieto sacrificio, a compenso del fiume liberato con giusta mercede”.

D’importante, in rapporto alla storia dell’attuale Nocera Terinese, emerge in questi versi dell’Acerbo l’uso in voga nel territorio della pesca con il tasso, testimoniata anche nella platea a pag. 159 (…”mettere tasso…”, “…donare tasso…”).

Questo un commento di Enza Graziano: “Acerbo dimostra di conoscere bene quest’uso locale praticato nel Savuto, il fiume che lambiva proprio le terre della sua famiglia a Dragone. Ancora oggi si tramanda il ricordo di quel tipo di pesca con l’espressione “fare il tasso”, senza che se ne conosca, però, la derivazione. In effetti, le foglie di tasso hanno un forte potere narcotico ed uno studioso del XVII sec., Gaspard Schott, ne attesta l’uso. All’epoca era evidente una normale forma di pesca, mentre nei testi scientifici attuali si parla di “bracconieri”. La testimonianza di Acerbo ci sembra significativa ed importante, come ulteriore nota biografica”.

Questi, invece, i versi dell’Acerbo, là dove si parla della sua amata Terina (la traduzione è sempre di Enza Graziano e dei suoi alunni):

“O dove sei ora Terina, decoro della tua gente, città di cui nessuna un tempo fu più potente, edificata sulla sommità di un colle, tu che hai dominato il mar Tirreno, vastissima di perimetro, potente per Marte, piena in abbondanza di ricchezze superbe, felice di tutte le delizie, che o il mare pescoso nella distesa offre o i due fiumi elargiscono, o la selva prossima offrirà, feconda per la cattura degli uccelli, adatta alle cacciaggioni.

Ecco giace sepolta! E’ solcata dall’aratro la terra che una volta era il sito della città. Ahimè! Spesso il vomere ara rovine: ostacoli li frenano, mentre invano si sforzano.

Queste sono tue testimonianze del crudele furore libico, o Annibale. Qui più duramente mostri le ire ostili, scacciato dall’Italia. Ingrato, dalle fondamenta distruggi la città e non lasci le vestigia dell’antica”.

Cosa dire in conclusione di questo lungo discorso? Che Francesco Acerbo, nocerese, gesuita, umanista e poeta, perfino proprietario di terreni vicini al Piano di Tirena e che sicuramente aveva letto molti libri antichi e del tempo sulla storia di Terina, parlò della città come sorgente sul Piano. E riportò, inoltre, che già ai suoi tempi, “E’ solcata dall’aratro la terra che una volta era il sito della città. Ahimè! Spesso il vomere ara rovine: ostacoli li frenano, mentre invano si sforzano”.

E pensare che ancora ci sono studiosi che si “lamentano” che il Piano non regala reperti e che riportano questo dato come prova che lì sopra non sorgeva alcuna città: già ai tempi dell’Acerbo vi si lavorava d’aratro…

La prof. Enza Graziano è venuta prematuramente a mancare nel marzo del 2006. A Lei, vada un giusto ricordo per le sue doti umane e morali e vada il ringraziamento di chi ha goduto delle sue conoscenze e del suo insegnamento, compresa la piccola fetta di Noceresi legata alle “cose” del suo paese, ai quali, in tutta modestia e semplicità, lontana da inutili prosceni, ha regalato e lasciato un’incomparabile opera su uno dei figli migliori, il poeta Francesco Acerbo".

 

 

Le informazioni storiche sono di Adriano Macchione

 

 

 

 


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